BOTTEGA BOTTONE
Pochi giorni prima che il Governo ci annunciasse l'inizio del lockdown, avevo iniziato un progetto fotografico che, a causa dell'impossibilità di incontrare estranei ed uscire da casa se non per motivazioni ampiamente giustificabili, mi era diventato impossibile continuare.
Per mia grande fortuna, avevo fatto giusto in tempo ad imbattermi in un personaggio che per me sarà indimenticabile, seminascosto nella sua botteguccia regno di ricordi e piccoli tesori.
Si perché Salvatore Vinciguerra, per gli amici Bottone, non c'è più. Lo scorso giugno (2020), mentre si recava al lavoro con la sua imprescindibile bicicletta, un motociclista lo ha travolto privando la città di Caserta di un suo concittadino veramente notevole, non solo per la sua storia, ma forse e soprattutto per il suo temperamento.
Ecco come andò quel giorno di fine febbraio.
Dopo essermi presentata ed aver chiesto il permesso per entrare e fotografare, trovai un sorriso accogliente, e molta, molta voglia di raccontarsi.
La storia di Bottone, era una storia di resilienza che, nonostante abbia avuto inizio quasi un secolo addietro, è quanto mai attuale. Salvatore aveva 88 anni e da sempre respirava polvere di marmo. Aveva ereditato il mestiere del padre scultore e restauratore dei marmi della Cappella
Palatina e delle statue del parco della Reggia di Caserta. Primo di nove fratelli, nel pomeriggio
lavorava e di notte studiava nascosto al cimitero, l’unico luogo dove poteva trovare un po’ di
silenzio. Di fisico robusto e dal carattere fumantino, da ragazzo non si tirava indietro se c’era da
fare a cazzotti e, ancora studente, fu scritturato in un film con Amedeo Nazzari girato proprio alla
Reggia di Caserta. I suoi occhi si illuminavano nel ricordare quei giorni felici in cui un’attrice gli
rivolse le sue lusinghiere attenzioni. Diplomatosi, per un lungo periodo aveva lavorato come ispettore all’assessorato all’ecologia del Comune di Caserta, continuando a portare avanti anche l’attività di famiglia. Oltre a grandi lapidi scolpite, si divertiva a decorare piccole tavolette di marmo, una di esse si trova persino esposta a Lourdes, mi disse pieno d’orgoglio.
Ogni giorno con la sua immancabile bicicletta continuava a recarsi alla sua bottega oramai luogo di ritrovo per amici che spesso e volentieri andavano a salutarlo o si intrattenevano per un caffè.
Mi disse d'avere il sogno di insegnare alle nuove generazioni la sua arte antica, non avendo potuto trasmetterla a nessuno dei tre figli che avevano intrapreso strade diverse.
Salvatore Vinciguerra faceva parte di una generazione di uomini fatti d’una pasta che a me sembra stia andando scomparendo, per questo ho provato a raccogliere i suoi ricordi trasformandoli in ‘ricordi visivi’ resistenti al tempo e alle pandemie.